Pentecoste 2010 (1), rito ambrosiano

20 DALI APPARUERUNT ILLIS DISPERTITAE LINGUAE.jpgNoi, solitamente, abbiamo due grandi ambiti che costruiscono quello che siamo: ciò che sta fuori di noi e ciò che sta nell’interiorità della nostra esistenza; ciò che è più esterno e ciò che è più interno. Dal dialogo e dal confronto continuo tra queste realtà nasce quello che siamo. E ciascuno di noi deve la propria identità  all’interazione di queste due forze.

Da una parte: l’ambiente, la famiglia, le attività, le esperienze che abbiamo fatto, la storia che abbiamo vissuto, gli eventi belli e brutti che ci sono capitati ci cambiano; sono il principio del mutamento in noi. Se non succedesse niente, noi resteremmo sempre uguali. Nel periodo in cui siamo tranquilli, di solito non cambiamo, né in bene, né in  male. Gli avvenimenti sono il principio necessario al nostro mutamento, al cambiamento: a volte miglioriamo, qualche volta peggioriamo, ma in ogni caso sviluppiamo il nostro modo di essere grazie a ciò che accade.

Dall’altra parte, invece, c’è ciò che siamo dentro, nell’interiorità della nostra persona – quello che chiamiamo il nostro “io”: l’elemento che ci garantisce la continuità. Per cui io, da quando sono nato ad adesso, sono cambiato molte volte, ho fatto molte esperienze, ma ho conservato sempre la mia identità personale,  e dunque anche quando guardo a situazioni passate,  posso affermare:  “‘Io’ ho fatto; ‘io’ ho vissuto”. Altrimenti saremmo “spezzettati”: ogni volta che facciamo un’esperienza, dovremmo vederla come se l’avesse vissuta un’altra persona, perché noi nel frattempo siamo cambiati, non siamo più gli stessi. Non accade così. Noi manteniamo costante la nostra identità personale; su questo si basa, d’altra parte, il principio della responsabilità.

 

Rispetto a tale premessa, ci accorgiamo che il brano del Vangelo di oggi ci spiazza, perché Gesù conclude: “Voi in me e io in voi”. Vuol dire che la nostra relazione con Lui è una relazione che si svolge su tutti e due i livelli.  Solitamente abbiamo una realtà che sta fuori di noi e una che sta dentro di noi; con queste parole Gesù “pretende” di essere tanto quello che sta fuori, quanto quello che sta dentro.

Voi in me”: Lui è ciò che ci sta attorno; è ciò che ci cambia; è il principio del mutamento. Se noi ascoltiamo il Vangelo, continuamente siamo stimolati a cambiare. Ma, anche se non ascoltassimo il Vangelo, la vita stessa, gli eventi, la natura, quanto ci circonda “dell’Altissimo porta significazione” direbbe Francesco, cioè rimanda a Lui; è sempre Lui che, in modi diversi, continuamente ci stimola a mutare, a cambiare, a diventare nuovi, a crescere in un modo diverso.

Voi in me”: è bellissima quest’immagine. In fondo è un’immagine quasi materna: “Voi in me”. E’ l’idea che, se stiamo dentro di Lui e ne siamo consapevoli, è come se fossimo dentro il grembo della madre e veniamo plasmati, sempre di nuovo, così da diventare sempre più simili a Lui. L’uomo nuovo cresce perché noi siamo in Lui. Paolo, a un certo punto della Sua missione apostolica, si trova a  predicare ad Atene, e, usando l’espressione di un poeta, dice che noi in Dio “viviamo, siamo, esistiamo”. Siamo dentro di Lui, avvolti da Lui, avvolti da quell’Amore. La Pentecoste, che oggi celebriamo, ci ricorda che siamo immersi in questo Amore, che continuamente ci circonda. L’abbiamo anche cantato: “Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra”.

 

Ma non basta; esiste una realtà che va ancora oltre. L’immagine dello Spirito…

 

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Immagine: Apparuerunt illis dispertitae linguae, DALÍ Salvador, 1964-67.

Pentecoste 2010 (1), rito ambrosianoultima modifica: 2010-05-26T17:33:21+02:00da fragiampaolo
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