Meditazione di Benedetto XVI sulla Sindone, Torino 2010

Domenica andremo in pellegrinaggio alla Sindone. Propongo alla vostra lettura questa bellissima meditazione di Benedetto XVI fatta pochi giorni fa a Torino.

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Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’antica Omelia: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noi professiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”.                               

Cari fratelli e sorelle, nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più. Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.

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E tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo: “Passio Christi. Passio hominis“. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale.

 

In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. È  successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori.

 

Leggi tutto: +BENEDETTO XVI 2010 DAVANTI ALLA SINDONE.doc

 

Ascolta l’intervento del Papa: http://benedictxvi.tv/audio/2010/750-2-05-2010-turin-holy-shroud-speech.mp3

 

Immagine: Sepoltura di Gesù, Benvenuto Tisi da Garofalo, 1520, Hermitage.

Meditazione di Benedetto XVI sulla Sindone, Torino 2010ultima modifica: 2010-05-05T17:30:00+02:00da fragiampaolo
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Un pensiero su “Meditazione di Benedetto XVI sulla Sindone, Torino 2010

  1. Vorrei ringraziare dell’opportunità meravigliosa che è stata la visita alla Sindone e di averla potuta condividere con tanti fratelli e sorelle, della nostra comunità, o invece misteriosamente richiamati da varie parti del mondo.
    La coda che avanzava lenta, all’inizio sotto la pioggia, ha reso così bene il senso del cammino, dell’unità, quasi fossimo un corpo unico che si snodava attraverso i giardini e le anse del percorso. Ogni tanto riconosci qualcuno, che avevi perso di vista da tempo, ogni tanto incontri uno sguardo, e capisci che ha il cuore proprio simile al tuo. Ogni tanto riprendi l’armonia di un Rosario o ti lasci coinvolgere da un canto. C’è la certezza di una meta e questa rende lieve il cammino. Un raccoglimento che in fondo ti accorgi di non avere neanche troppo cercato ti prende sempre più profondamente. Finchè non c’è che Lui, il Suo dono sconvolgente e totale, il Suo corpo che vive nella gente che hai attorno. Mi sembra di essere avvolta nel roveto ardente di questo Suo Amore che arde e non si consuma, nemmeno nell’incomprensione, nell’ingratitudine, nel rifiuto più grande. Ecco: tutto passa e solo Lui resta!
    Vorrei che tutti insieme potessimo traboccare di gratitudine e chiedere di aprire il cuore ogni giorno di più al ringraziamento al Signore e anche a tutti i fratelli che ci ha messo accanto, perchè ci guidino, ci accompagnino, e condividano con noi il cammino.
    Annamaria

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