Omelia IV domenica di Pasqua, rito ambrosiano

Quando, nel nostro vocabolario, facciamo riferimento ai termini: comandamento” e “amore, ci sembra che i due concetti non possano proprio stare insieme. Perché, solitamente, nella nostra esperienza, ricevere un comando significa trovarsi di fronte ad una coercizione, esercitata da un potente, da qualcuno che pensa di essere superiore rispetto ad un inferiore. E il comando è sempre, tipicamente, una forma di violenza, nelle forme che noi conosciamo. Naturalmente si applica a livelli diversi, che possono andare dal comando di un generale ad un soldato, fino a quello di una mamma a suo figlio. Però, normalmente, intendiamo il termine “comandare” nel suo senso più duro, come un’imposizione. Dall’altra parte, invece, quando parliamo di  “amore”, soprattutto nell’ambito culturale odierno, lo colleghiamo alla spontaneità. Non ci viene proprio in mente di usare il termine “amore” associato al dovere. E’  un sentimento, un impulso che ti nasce dentro, che ti trasporta, che non è controllabile: insomma una serie di caratteristiche da telenovela che distruggono ogni autentico concetto dell’amore.

Se partiamo da una visione di questo genere, ampiamente diffusa nel sentire comune, la pagina del Vangelo che ci viene donata ci spiazza completamente. Di fatto continua ad intersecare il “comando” con l’”amore” e ci costringe così a ripensare il senso che attribuiamo a questi termini. Perché, ovviamente, non possiamo prendere i nostri concetti e “appiccicarli” sul Vangelo. Dobbiamo prendere il Vangelo e lasciare che sia lui a plasmare i nostri concetti e le nostre idee e il nostro modo di affrontare la vita.

 

lavanda piedi.jpgCerchiamo allora di inserire questa pagina in una prospettiva corretta. La possibilità di lettura che vi suggerisco e che sviluppo, sia pure molto brevemente, ha come punto di partenza il Mistero di Dio. Iniziamo a contemplare come Gesù è il Figlio, come Gesù entra nel mondo e vive da uomo il Suo essere Figlio nell’obbedienza. Poi torniamo su di noi, che siamo chiamati a compiere il percorso inverso: obbedendo, entriamo nel mondo di Dio. E’ una dinamica che appare semplice, così sintetizzata, ma, ovviamente, è molto più complicata da vivere.

Allora, il punto di partenza è il Mistero di Dio. Mistero che in questa pagina evangelica, come in molte altre, ci viene in parte rivelato. Il Signore Gesù ci dice: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Io rimango nel suo amore, perché osservo i suoi comandamenti”.

 

Il Mistero di Dio che Gesù rivela è anzitutto che Dio è Padre ed è la sorgente dell’Amore. Il Padre è l’origine di ogni Amore possibile. Lui è l’Amore. E questa sorgente dell’Amore si dona. Si dona infinitamente e totalmente, senza riserve, senza tenere niente.

Perché – vedete – noi abbiamo un problema, quando parliamo dell’amore, ed è il fatto che pensiamo a partire dal nostro amore. Il nostro amore è fatto in modo tale che è una parte di noi, una parte importante di noi, ma, se in un certo momento noi non amiamo, non vuol dire che cessiamo di esistere. Noi esistiamo comunque; che io ami o che io odi, ci sono, esisto.

Nel caso di Dio, non è così. Dio è Amore. Quello che per noi è esistere, essere, per Lui è amare. Lui è Amore. Totalmente. Assolutamente.

 

Ora, questo Amore vive del dono di Sé – non potrebbe essere Amore altrimenti; non esiste Amore che non si dona! E si dona totalmente al Figlio.

Il Mistero di Dio che Gesù auto-rivela è che Dio è Figlio ed è il totalmente amato; che riceve tutto l’Amore del Padre. Il Padre si dà tutto. E il Figlio…

 

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Immagine: Lavanda dei piedi, Initials A.H., XVI sec., Musée des Beaux-Arts, Lyon

Omelia IV domenica di Pasqua, rito ambrosianoultima modifica: 2010-04-29T17:23:25+02:00da fragiampaolo
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