Omelia III domenica di Quaresima

Abramo è nostro padre nella fede. Noi dovremmo essere suoi figli, secondo l’immagine evocata dal Vangelo. Abramo si è fidato della Parola di Dio e quella Parola non lo ha mai costretto. Lui ha voluto, ha scelto di aderire a quella Parola. La Parola gli ha aperto orizzonti nuovi, gli ha dato nuova energia, gli ha concesso di uscire dal suo mondo e di entrare dentro una realtà diversa. Grazie a questa fiducia, è riuscito ad avere una discendenza, ha costruito qualcosa di grande. Tanto che noi, ancora oggi, lo consideriamo un nostro padre nella fede. La fiducia di Abramo è diametralmente opposta alla ricerca di rassicurazione o di potere che segna spesso la nostra esperienza. Non è paura del futuro. Non è pensare che la Parola di Dio è una specie di magia che ti dice che cosa devi fare tra un’ora. Non è usare la Parola in modo strumentale, tipo: vado a casa, non so che cosa fare da mangiare, apro la Bibbia che me lo dice. Non funziona così! E non solo perché di ricette non ne contiene tante! Non è questo il modo di affrontare la Parola di Dio.

 

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La Parola di Dio ti viene donata:  se tu la accogli quando Lei si offre a te, quella Parola apre dentro di te spazi nuovi

 

. E’ come se dentro un terreno arido arrivasse qualcuno che scava e viene fuori una sorgente. Ora, l’acqua di quella sorgente poi la devi usare tu. Sei tu che devi decidere come irrigare, come costruire, come far sì che quella Parola non sia semplicemente una norma, che tu applichi a marionetta, ma diventi invece qualcosa di nuovo. Vi siete mai accorti che i santi sono tutti uno diverso dall’altro? Eppure vivono tutti la stessa Parola di Dio. Ma, se voi leggete con attenzione le vite dei santi, vi accorgete che non ce n’è uno uguale all’altro. Sono venuti fuori tutti diversi! Perché in realtà la Parola di Dio non ti costringe ad eseguire i comandi come se tu fossi un soldato che deve obbedire. La Parola di Dio è l’acqua che entra nel tuo terreno e feconda e dà vita, in modo diverso in ogni terreno che incontra. Apre la libertà, non ti costringe a comportamenti schematizzati. Perché poi quello che cresce dipende dal tuo aderire, dal tuo dire: “Sì! Mi piace, lo voglio, ci provo, cerco di costruire”, così come dipende dal tuo dire di no, dal tuo peccato, che impedisce lo sviluppo di una realtà piuttosto che di un’altra. In ciascuno di noi la Parola crea una realtà nuova, assolutamente originale, diversa.

Capite che avere fede in questa Parola vuol dire che io non chiedo alla Parola di dirmi che cosa mi accadrà domani, tra un mese o tra un anno. Io chiedo alla Parola di aprirmi adesso lo sguardo su un modo diverso di vivere le cose. Qualunque cosa mi accadrà, che sia bella, brutta, che sia quello che mi aspetto o il contrario, non cambierà. Perché quello che è cresciuto dentro nel mio cuore mi consentirà di affrontare ciascuna di queste situazioni, quando e come si presenterà, in modo diverso. E’ questa la potenza della Parola di Dio dentro di noi. Avere fede per noi significa fare questo: fidarci, come Abramo, di quella Parola e metterci in cammino, sapendo che per ciascuno di noi la Terra Promessa sarà diversa, la realizzazione sarà diversa, il tempo, il cammino sarà…

 

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Immagine: Abramo e i tre angeli, Marc Chagal,1960-66, Musée National Message Biblique Marc Chagall, Nizza.

Omelia III domenica di Quaresimaultima modifica: 2010-03-12T21:01:19+01:00da fragiampaolo
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