VI domenica dopo Pentecoste, rito ambrosiano

signorelli-la-crocifissione-con-samaria-maddalena-1500.jpgFermiamoci un momento sul concetto di “alleanza”, che è un termine denso di significato. L’alleanza non è semplicemente un trattato o un contratto, anche se gli assomiglia. Ai tempi, anche i contratti non si stipulavano dal notaio, ma si sigillavano col sangue; era ben più impegnativo: oggi rischi una multa o il carcere, allora rischiavi la vita. Ma dietro all’alleanza sta una mentalità diversa. Il contratto ti chiede, in una certa misura, di avere fiducia nella persona che hai di fronte, ma sostanzialmente non ti impegna che a rispettare le norme che ti sei dato.  Insomma non è richiesto, e magari neanche opportuno, legarsi in un vincolo di profondo amore e donazione reciproca. E’ sufficiente rispettare le regole stabilite.

 

Questa mentalità del contratto disgraziatamente è molto presente tra i credenti: svolgo certe prescrizioni – vado a Messa la domenica, recito le preghiere al mattino e cerco di essere abbastanza buono – quindi sono a posto col contratto.

Ma non è un contratto quello che noi stipuliamo tutte le domeniche con Dio, è un’alleanza. L’alleanza è una realtà diversa. Se volete, l’esempio di alleanza è il matrimonio. Il matrimonio formalmente, dal punto di vista squisitamente giuridico, è un contratto: ci sono delle norme a cui un uomo e una donna scelgono di aderire e che si impegnano ad osservare. Ma è sufficiente per fare un matrimonio? Basta seguire queste norme perché tutto sia a posto? Se l’uno non si dona all’altro, se non c’è ricerca comune di qualcosa di nuovo, se non c’è il donarsi vero e l’accogliere vero dell’altro, quel contratto è una follia. Il matrimonio deve essere un’alleanza; altrimenti non è niente.

 

Capite allora che con Dio ci è chiesto di stipulare una relazione di alleanza. Decido di ascoltare la Sua Parola, di fidarmi di Lui, di osservare quello che mi ha detto, ma lo faccio in base alla logica profonda che Lui si sta donando a me e io mi voglio donare a Lui.

 

Se non è questa logica che ci muove, che cosa celebriamo nella Messa? Nella Celebrazione Eucaristica noi stiamo rinnovando il sacrificio della croce, il sacrificio della nuova e perenne alleanza. Dove Dio si consegna a noi, in modo pieno, totale. Non nel simbolo, non nel sangue degli animali sacrificati, che in realtà non era né il sangue di Dio, né il sangue dell’uomo. Quello che viene consacrato è il sangue di Cristo, che è al tempo stesso il sangue di Dio e il sangue dell’uomo.

Per questo è perfetto il sacrificio che Cristo offre.

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VI domenica dopo Pentecoste, rito ambrosianoultima modifica: 2010-07-10T11:47:13+02:00da fragiampaolo
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