Omelia II domenica dopo l’Epifania, rito ambrosiano, anno C

Il brano di oggi si conclude dicendo che Gesù “manifestò la sua gloria”, e di primo acchito è affermazione che ci lascia un po’ spiazzati. Ha trasformato l’acqua in vino: che miracolo è? Voglio dire: se avessimo organizzato noi, avremmo messo come primo miracolo e segno una risurrezione dai morti. Quello è un segno della gloria! Ma anche uno qualunque dei miracoli fatti dopo, anche i più piccoli, erano sempre un evento infinitamente più grande del trasformare l’acqua in vino. Perché, se anche fossero rimasti senza vino, che cosa sarebbe successo? Al massimo li avrebbero presi in giro per i quindici anni a venire – come in qualunque paese si fa normalmente, se non funziona qualcosa nel pranzo di nozze. E’ un miracolo “superfluo”. Almeno in apparenza. Dobbiamo allora chiederci che cosa  possiamo cercare di trovare noi in questo testo.

 

Teniamo presente che quegli uomini che erano venuti insieme a Gesù, che avevano cominciato a essere suoi discepoli, restarono profondamente impressionati e come reazione “credettero in lui”. Consideriamo che siamo proprio all’inizio del Vangelo di Giovanni. C’è stata la grande rivelazione di Giovanni il Battista: ha annunciato che sarebbe venuto uno dopo di lui che avrebbe purificato il mondo con il fuoco; ha indicato, vedendoLo passare, Gesù come “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”; ha invitato i propri discepoli a seguirLo. Quegli uomini sono andati da Gesù e sono stati con Lui un giorno. Subito dopo si colloca questo brano. Quindi sono discepoli davvero all’inizio e dentro di loro questo episodio crea un’esplosione. Forse proprio per il contesto. Pensate: questi sono uomini che vengono dalla predicazione del Battista, che non è esattamente una predicazione pacata. E’ una predicazione forte, potente, dura per molti aspetti. E vengono – ancora di più – da una tradizione che ormai ha trasformato il riferimento alla Legge in un peso, in una realtà quasi opprimente – per cui devi stare attento a tutto quello che fai, che dici; appena ti muovi sembra che commetti peccato; devi adempiere obblighi minuti entro certi limiti assolutamente precisi. In quel momento la predicazione sulla Legge –  non tanto la Legge in sé, ma la predicazione sulla Legge – era diventata una catena.

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Ora i discepoli sono di fronte a quest’uomo, che Giovanni ha presentato appunto come “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, come l’Inviato, come il Messia, Colui che deve rivelare il vero volto di Dio. E trovano un uomo che va a un pranzo di nozze, si diverte, ride con loro, e fa un miracolo totalmente gratuito; non superfluo, gratuito. Prende dell’acqua e la trasforma in vino. Compie un gesto che non ha un’utilità, ma esce dalla logica dell’utile o inutile. E’ un regalo. A nozze si fanno regali che non necessariamente sono utili. Adesso si usa fare la lista di nozze per essere sicuri di ricevere solo regali che realmente servono: è un modo per evitare sprechi. Però, la logica del regalo è che sia un regalo, cioè che non risponda a essere utile o inutile, prezioso o non prezioso, ma all’esprimere qualcosa di infinitamente più grande della cosa in sé, dell’oggetto.

 

Quello che i discepoli vedono ha un effetto travolgente su di loro. Perché all’improvviso è come se si riaprissero tutte le pagine della Bibbia dove Dio si paragona ad uno sposo e dove parla di Israele come della sposa. Dove si usa il linguaggio dell’Amore. Dove ti accorgi che c’è dentro un modo di parlare che non risponde a sentire la religione che un peso, una catena, un’oppressione. Questa prospettiva si spalanca davanti ai loro occhi con immediata evidenza e permette loro di comprendere ogni cosa da un altro punto di vista. Vedono il Messia e il Messia parla il linguaggio dell’Amore.

 

Intuiscono che quel gesto di Gesù sta manifestando l’essere di Dio. Non è una deroga, un momento anomalo in cui si è lasciato un po’ andare. Manifesta proprio qualcosa del cuore di Dio. Dio è così. Dio è Amore che si dona senza limiti, senza fare i conti. Ed è un Amore sempre assolutamente esagerato. Sono talmente tanti i litri di  vino che Gesù  dona da bastare per anni, altro che per il matrimonio.  Un’abbondanza smisurata, totalmente fuori controllo.

Questo modo di essere di Dio rapisce il cuore dei discepoli. Questo gesto “manifesta la sua gloria”, dentro la quotidianità della vita. Dio ama la vita…

 

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Immagine: Nozze di Cana, Giotto, Cappella degli Scrovegni

Omelia II domenica dopo l’Epifania, rito ambrosiano, anno Cultima modifica: 2010-01-21T11:32:00+01:00da fragiampaolo
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Un pensiero su “Omelia II domenica dopo l’Epifania, rito ambrosiano, anno C

  1. Grazie per aver evidenziato l’amore di Cristo “travolgente, assoluto, gratuito, senza limiti, assolutamente esagerato!!” Evviva, evviva! Finalmente sento quello di cui andavo alla ricerca…così devono essersi sentiti gli Apostoli….perchè il male del mondo è talmente tanto e ci fa tanto soffrire quando ci tocca o lo vediamo che ci annienta…verrebbe da dire basta, è inutile lottare contro…Ma ecco che arriva l’amore ASSOLUTAMENTE ESAGERATO e possiamo tornare a sperare e ad accettare e lottare. Alleluia, alleluia!
    Forse qualcuno capirà ciò che ho tentato di dire…e che non è facile ma mi canta dentro!

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