Omelia domenica dopo l’Ottava di Natale, rito ambrosiano

In_the_Synagogue002.jpgOggi”. Così Gesù inizia il Suo commento al brano di Isaia che ha appena letto. E’ un’esposizione brevissima, per dire: “Oggi si è compiuta questa Parola”, che lascia tutti pieni di meraviglia e di ammirazione – immagino che la meraviglia, e il successo, siano stati determinati anche dalla capacità di sintesi dell’omelia!

Ecco, quell’espressione: “oggi” ha dentro un mare di significati per noi. Noi giustamente siamo molto legati al passato e al futuro. Come cristiani sappiamo che non possiamo vivere senza queste due dimensioni. Il passato è indispensabile, perché noi ci basiamo su fatti storici, su realtà che sono accadute e inoltre la visione del passato è quella che ci consente di avere lucidità nel verificare gli avvenimenti, nel considerare le conseguenze di una parola, di un gesto. Noi da lontano – da oggi rispetto al passato – possiamo capire, accertare, comprendere anche molto più di quanto riuscivano a fare i contemporanei stessi di Gesù. Proprio perché abbiamo uno sguardo che, da lontano, ci consente qualcosa di nuovo. E il futuro è quello che accende in noi la speranza, che ci permette di credere nella promessa, che muove gli affetti. Senza queste due dimensioni, noi non riusciamo ad esserci. Non siamo veri, non siamo cristiani. Più volte l’abbiamo ribadito, anche in questi ultimi mesi. Ma, se viviamo solo di passato e di futuro, le cose non funzionano più. E siccome accade di farlo, è bene fermarsi a  riflettere. 

 

Nel momento stesso in cui siamo insieme in questa Celebrazione Eucaristica, noi rischiamo di essere persone che evadono in una dimensione di passato o di futuro. Nel primo caso, semplicemente ricordiamo un avvenimento che è accaduto e diciamo grazie perché è bello e grande e potente; ma è successo e basta. Nel secondo, siamo ad aspettare qualcosa di nuovo, qualcosa che deve accadere, qualcosa che Dio compirà, ma appunto deve ancora succedere. E l’oggi resta un pacifico terreno, dove quello che è accaduto e quello che accadrà può anche non avere troppa influenza. L’oggi è una cosa a parte. Anzi, nel nostro modo di pensare, l’oggi è una categoria alternativa alla fede. Perché “oggi” significa: devo andare a lavorare per campare; ho problemi con i vicini di casa; devo affrontare la concretezza della quotidianità, che si oppone a tutte quelle  paranoie che ti fai quando fai il credente.

 L’oggi, invece, è il tempo della fede! Noi non siamo credenti ieri o domani; siamo credenti adesso! Noi non dobbiamo ascoltare il Vangelo ieri o domani; lo ascoltiamo oggi. Noi non viviamo la nostra fede in altre situazioni; la viviamo qui. Per noi, come credenti, l’adesso…

 

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Immagine: Cristo nella sinagoga, Gustave Doré, 1865

Omelia domenica dopo l’Ottava di Natale, rito ambrosianoultima modifica: 2010-01-05T11:34:05+01:00da fragiampaolo
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