Omelia XI domenica dopo Pentecoste, anno B, rito ambrosiano

La fedeltà di Dio

All’inizio dell’era cristiana, i cristiani, gli apostoli, la prima comunità non sentono di essere una “nuova religione”; si percepiscono come ebrei. Vivono normalmente la preghiera del tempio, l’osservanza delle leggi ebraiche, la circoncisione: tutto quello che fa l’ebraismo, loro lo vivono, perché non si considerano “altro” da Israele.

Due esperienze fanno cambiare la situazione: la prima è legata alle vicende dei primi missionari itineranti che originariamente si rivolgevano agli ebrei della diaspora. La predicazione avveniva spesso in luoghi informali, spazi di ritrovo dove erano presenti anche non ebrei. Era esperienza comune che molti di questi pagani credessero nel Signore Gesù crocifisso e risorto. Lo Spirito apriva i cuori di tutti gli uomini e conduceva la Chiesa verso orizzonti inaspettati.

A questa esperienza gioiosa se ne accosterà presto un’altra, drammatica, di persecuzione e rifiuto da parte delle autorità giudaiche. Persecuzione che inizia con il martirio di Stefano e che arriverà al suo acme quando, alcuni decenni più tardi, i cristiani verranno estromessi dal culto sinagogale (se ti interessa saperne di più clicca qui). Situazione di crisi che costringerà a profondi cambiamenti. Paolo, che è stato tra i protagonisti del martirio di Stefano e conosce l’odio e la persecuzione da parte dei suoi fratelli, vive la curiosa esperienza di essere tra gli iniziatori del conflitto e tra i pionieri della riconciliazione. Illuminato da Cristo e aperto ai segni dei tempi capisce che la predicazione ai pagani non è solo un’abile operazione di “marketing religioso” ma comprende che l’amore di Dio è capace di rendere fecondo anche un tradimento: si aprono nuove vie, si toccano nuove terre, si parla la lingua di popoli nuovi.

Si aprono addirittura nuove dimensioni di comprensione dello stesso Mistero di Dio rivelato in Cristo crocifisso e risorto. Paolo – e con lui la Chiesa – parte dall’esperienza concreta di cui abbiamo parlato e si rende conto che apre, logicamente, un nuovo percorso di comprensione del Mistero: se tutti gli uomini sono in grado di accogliere il Vangelo è perché tutti sono stati raggiunti e salvati dal Crocifisso; e se questo è accaduto è perché Colui che è morto e risorto si stava donando ad ogni vivente; di più: stava rivelando il Mistero di Dio Amore, Padre-Figlio-Spirito che donano interamente se stessi l’uno all’altro nell’eternità e a noi nel tempo; e se tutto questo è efficace, l’annuncio non da solo informazioni, ma coinvolge in questo amore. La croce del Signore Gesù Cristo ha fatto unità, ha distrutto tutte le barriere, ha permesso che gli uomini di tutti i tempi, di tutti i luoghi, di tutte le nazioni, trovassero in Cristo crocifisso e risorto il punto di contatto e di comunione, spezzando ogni barriera, ogni muro, ogni separazione. Leggete i bellissimi primi tre capitoli della lettera agli Efesini e vedrete!

 

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Ecco cosa è nato da una crisi, da un cambiamento inaspettato. Capite che se si fossero fermati a dire: “ecco siamo qui in pochi, ci hanno buttato fuori dalle sinagoghe, non ci ascoltano più”, sarebbero rinsecchiti, morti dentro la crisi, e invece hanno guardato la realtà e hanno detto: “Muoviamoci! Facciamo qualcosa! Non possiamo più fare le cose di prima? Facciamone di nuove! Dove sta il problema? Dio ci mostra una via nuova? Seguiamola, percorriamola!”.

 

Pensate ad oggi, di fronte alla crisi delle vocazioni, ai preti che sono sempre meno, alla situazione di comunità cristiane che non riescono più a costruirsi secondo i vecchi criteri. Se ce ne restiamo  intristiti e ripiegati su di noi  e continuiamo a piangerci addosso, a lamentarci e a rimpiangere il passato, moriremo soffocati; da noi stessi, però, non dalla crisi. Se impareremo a guardare alla crisi e dire: “Va bene: non possiamo più fare le cose di prima? Quali sono le cose nuove che possiamo fare? Ce ne saranno, no? Facciamole! Percorriamo strade nuove!”, allora scopriremo nuovi tratti del volto di Dio, nuove dimensioni della Chiesa, nuove chiamate per ciascuno di noi.

 

Se vuoi leggere l’omelia della XI domenica dopo Pentecoste che più o meno affronta questi temi: XI_Domenica_dopo_Pentecoste.doc

 

Immagine: Raffaello, La conversione del Proconsole,1515-16, Victoria and Albert Museum, Londra, Collezione reale

 

Omelia XI domenica dopo Pentecoste, anno B, rito ambrosianoultima modifica: 2009-08-20T18:28:13+02:00da fragiampaolo
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