Omelia domenica dopo l’Ascensione – rito ambrosiano – anno B

“Essi sono nel mondo…non sono del mondo”

 

Essere “nel mondo” senza essere “del mondo” è una situazione non facile da affrontare: da una parte ci dà una grande libertà, come vedremo, ma dall’altra parte porta con sé un rischio di cui bisogna essere consapevoli. Perché, quando si ascolta questa parola, c’è il pericolo di fraintenderla. Il fraintendimento non si verifica tanto a livello teorico, quanto poi nella operatività, nel fare, nel mettersi in movimento, nel percepire chi si è rispetto al mondo che circonda. E’ facile infatti degenerare nella mentalità della setta, nella psicosi dell’assedio, nella violenza dello scontro. Quando ti senti uno che è dentro una realtà, ma non ne fa parte, dentro di noi è facile che scatti la mentalità di chi dice “noi dentro, loro fuori”. Da qui nasce una sorta di scontro, di idea che il tuo compito è quello di andare “contro” quella mentalità, di combattere, di essere una persona che vive in un modo che si oppone agli altri, che deve contrastare. Mi pare che invece Gesù in questa pagina, e in molte altre pagine in cui riprende l’argomento,  non intenda dire questo. E’ importante mettere in evidenza i rischi, perché circola un diffuso sentire che vive questa psicosi dell’assedio: “fuori c’è il mondo cattivo, il relativismo, tante cose che non vanno”. Si tratta di constatazioni vere. Ma quando si trasformano in una psicosi, ci bloccano e ci conducono in una direzione opposta a quella che questa pagina di Vangelo ci vuole indicare.

 

“Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo”

 

Ora, noi, in questo mondo, che cosa dobbiamo fare? Noi dobbiamo semplicemente essere persone che Lavanda dei piedi.JPGvivono secondo quell’unità che è stata donata. Che cercano in tutti i modi di sanare questo mondo. Non di entrare con l’idea di doversi scontrare: questa è l’ottica del mondo! Perché l’idea del mondo è quella della violenza, quella del prevaricare. Ma, se noi partiamo dall’idea dell’amare e del servire e dell’essere come Cristo, il nostro compito è servire questo mondo. Non importa se siamo pochi o tanti! Noi siamo stati chiamati per andare dentro questo mondo e aiutarlo a trovare qualcosa di diverso, a maturare un atteggiamento nuovo, a scoprire una dimensione nuova, a guarirlo almeno un poco. Tutto non ce la faremo. Va bene. Allora? Quale medico, di fronte alla prospettiva di migliorare le condizioni di un paziente, dice: “Lascio stare; se non posso guarirlo del tutto, lo lascio morire”? Succede anche questo. Ma non è normale. Allora, il nostro compito è quello di stare dentro il mondo come persone che cercano davvero l’unità, di costruire insieme qualcosa di nuovo, di servire questo mondo. E’ il nostro compito. Noi siamo stati mandati come il Figlio. Così diceva questa pagina: “Come tu hai mandato me, così anch’io ho mandato loro”. Questo è il nostro dono e compito. Ed è un bellissimo dono e compito.

Certo è difficile: come posso aiutare il mondo? La risposta è che non bisogna andare a cercare lontano: il punto di partenza siamo semplicemente noi stessi. Non cominciamo a pensare di dover fare delle cose strepitose fuori. Il mondo si comincia a cambiarlo, quando si comincia a cambiare il mondo che sta dentro noi. Perché noi  per molte scelte e per molti atteggiamenti siamo ancora “del mondo”. Cominciamo a risanareil nostro cuore, la nostra vita, le relazioni all’interno della comunità cristiana.

Quando tutto questo inizierà, vi accorgerete che il messaggio arriverà. A volte – spesso! – verrà rifiutato, verrà contrastato, ma arriverà.

Questo è il nostro compito.

Il resto dipende solo dalla libertà delle persone e dall’agire di Dio, non da noi. Quindi, niente psicosi da assedio, ma, anzi, desiderio di chi, vedendo la malattia di qualcuno, desidera soccorrerlo e gli va incontro e lo riconosce e gli vuole bene. Perché capisce che dentro quel fratello, che magari si pensa nostro nemico, sta agendo qualcuno che lo sta separando, dividendo, spezzando e noi abbiamo la medicina che riunisce, risana, mette insieme di nuovo, dà unità alla persona, perché la mette in unità con le altre persone.

Noi abbiamo la medicina. Prima, usiamola per noi! E poi rendiamoci conto che non possiamo tenerla per noi. Sarebbe una follia. Noi siamo chiamati a vivere per il mondo; questo è il nostro compito e questo noi chiediamo di poter fare, con l’aiuto dello Spirito Santo.

 

Leggi tutto: Domenica_dopo_Ascensione.doc

 

Immagine: La Lavanda dei Piedi, Salterio del Capitolo di Parigi, 1225 ca.

Omelia domenica dopo l’Ascensione – rito ambrosiano – anno Bultima modifica: 2009-05-26T15:12:00+02:00da fragiampaolo
Reposta per primo quest’articolo

3 pensieri su “Omelia domenica dopo l’Ascensione – rito ambrosiano – anno B

  1. Nascondendomi non aiuto, è in contrapposizione al mio sentire e al mio senso di libertà che mi fa sentire pulita. La responsabilità che ci impone l’Amore di Dio e la sua grande UMILTA di volerci compartecipi nella salvezza ci spinge a combattere contro chi nel ns. inconscio ci infonde paura. Il meschino per eccelleza, il bugiardo sempre pronto a distruggere ciò che lo Spirito suggerisce. Chiediamo l’aiuto a Maria, sempre in preghiera con gli apostoli, di sostenerci in questa battaglia riconoscendo l’aiuto che ci viene dato anche dalle persone che affiancano.

  2. Grazie per la possibilità di leggere queste omelie così complete e che mi sono di grande aiuto.
    In fondo sono parti di Vangelo sentito tante volte, ma che mi pare sia la prima volta…
    Grazie e spero di riuscire a farne tesoro.

I commenti sono chiusi.