Scegliere la tenerezza
Bisogna fare un secondo passaggio: scoprire che la tenerezza è inscritta in tutti noi. Siamo esseri di tenerezza, perché siamo creati da Dio a Sua immagine e somiglianza. Perché allora la tenerezza non trionfa in noi? Dovrebbe essere naturale per noi essere tenerezza. Purtroppo, a parte il peccato originale che ci ha ferito nella natura umana, noi nasciamo in una famiglia, in una società, in un ambiente che spesso fa prevalere in noi sentimenti opposti alla tenerezza. Allora il problema è di scegliere la tenerezza come sentimento forte, sentimento dominante, come progetto di vita. Questa è la grande sfida! C’è chi fa questa scelta e c’è chi non la fa. Nella vita di ogni persona umana, come nella vita della coppia, come nella vita dei genitori verso i figli, ci possono essere quattro sentimenti dominanti. Seguo una scuola di pensiero che si chiama Analisi Transazionale, secondo cui ci sono quattro sentimenti forti nella nostra vita:
- la collera
- la paura/ansia
- la tristezza/depressione
- la tenerezza
Da questi quattro sentimenti dipende il modo in cui interpreto me stesso, la mia persona, il rapporto con l’altro da me, la vita della coppia, l’impegno genitoriale. Soffermiamoci un momento su questi quattro sentimenti, perché l’interrogativo è sapere quale tra questi diventa dominante. Ognuno di questi quattro sentimenti c’è in tutti noi. Il problema è quale diventa quello che decide, determina il mio modo di essere, il mio stile di vita, la mia vita di relazione.
La collera:
Questo è il problema. Io conoscevo anche il marito che, poverino, deve subire una situazione di questo genere: è difficile ragionare con una persona che pensa di avere sempre ragione, che è perfetta e che sono gli altri che sbagliano sempre. Non è mai così: è sempre azione e reazione. Dunque a livello coniugale la collera è distruttiva. Pare sia distruttiva anche a livello personale, perché il collerico vive uno stress continuo, non vive bene, non vive in pace, non vive sereno. Vive sempre arrabbiato, con se stesso, con gli altri, con Dio, perfino. E’ chiaro che questo, in un modo o nell’altro, si riverbera anche sul corpo, sulla psiche: le famose malattie psicosomatiche, dalle cardiopatie fino alle ulcere, in gran parte derivano da questi stress di chi vive sempre nella rabbia. Pensate anche a livello educativo: il collerico abuserà della sua autorità. Non si limiterà alla giusta autorevolezza. I genitori devono essere autorevoli, devono esigere e dare delle regole ai figli. Tenerezza non vuol dire permissivismo, non vuol dire debolezza. Gesù stesso, che è la persona più tenera che sia mai venuta a questo mondo, voi sapete che quando deve rimproverare rimprovera: comprende l’adultera, ma le dice “Non peccare più”. Tenerezza è autorevolezza, però è anche comprensione, è rispetto della persona. Ora, il genitore collerico non ha rispetto. Porto un esempio: userà il verbo “essere” al negativo. Il verbo “essere” non è mai da usare al negativo, perché identifica la persona. Se io dico a una persona “Tu sei capace”, identifico quella persona con le sue capacità. Se dico a un bambino: “Tu sei incapace”, “Tu sei cattivo”, identifico il bambino con l’incapacità, con la cattiveria. E sbaglio due volte: primo perché non è vero, nessun bambino è per natura incapace o cattivo, se mai lo facciamo diventare noi, se è un bambino non amato. Ma soprattutto si sbaglia perché quel bambino comincerà a pensare di essere davvero cattivo, di essere davvero incapace e quindi ne andrà di mezzo la sua autostima, con tutto quello che ne consegue. Il verbo essere va usato solo al positivo: “Tu sei capace”. E se il bambino sbaglia? Si corregge il comportamento. Il bambino gioca a pallone in cucina, rompe un vetro; certo non devo dirgli “Sei stato bravissimo”, però gli dirò “Tu sei intelligente, sai benissimo che non si gioca a pallone in cucina; questo comportamento non voglio più che tu lo faccia”. Posso mettere anche delle sanzioni. Naturalmente non punizioni fisiche, ma, per esempio, non guardare la televisione. Questo serve per educarlo a delle regole. Ma altro sono delle regole, altro è annullare la personalità del bambino. Il verbo “essere”, invece, usato al negativo, non rispetta la personalità del bambino, la annulla, in un certo senso la distrugge. Il collerico non si pone queste questioni, perché vive dell’elemento emotivo, della rabbia e scarica magari anche le rabbie che derivano da altre situazioni o dall’ambiente di lavoro, sulla moglie o sul marito o sui figli. Quindi, non lasciamoci scegliere dalla collera! La collera è negativa. Pare che sia più maschile la collera, ma ci sono anche le donne colleriche.
Immagine: Dossi Dosso, Collera, 1515-16, Collezione Vittorio Cini, Venezia