Matteo 9, 14-17

Matteo 9, 14-17

 

“Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.
Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore.  Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano”.prima.jpg

 

E noi come possiamo vivere nel quotidiano tali insegnamenti? Ci dedichiamo al prossimo, all’ascolto quotidiano dell’altro (familiare o prossimo), malgrado  la nostra mente sia occupata dai problemi  quotidiani, perennemente sordi al prossimo ed alle sue esigenze? Siamo veramente convinti  di non aver tempo per nient’altro che per noi stessi ed i nostri cari? Ci sforziamo a rammendare con toppe  adeguate i vecchi vestiti invece  di usare la stoffa grezza  o  li buttiamo via  non essendo neanche in grado di provare a ricucirli? Siamo consapevoli dei momenti nei quali lo Sposo è con noi (messa, preghiera comunitaria…) o viviamo tutta la nostra vita cristiana in un lutto perenne di lamentele ed insoddisfazioni?

Il brano del vangelo di Matteo è troppo chiaro per non essere uno stimolo reale a fare il bene nella nostra vita quotidiana. Diamoci da fare, seguendo le indicazioni di Gesù, per sentirci parte degli invitati a nozze!

Emanuela

 

Matteo 9, 14-17ultima modifica: 2010-05-31T06:40:00+02:00da fragiampaolo
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Un pensiero su “Matteo 9, 14-17

  1. Questo brano del vangelo di Matteo è senza dubbio molto forte. Io lo sento e lo vivo come un richiamo a me e a tutti ad approfondire sempre di più la consapevolezza di ciò che in Cristo Risorto ci è veramente donato, di ciò che come figli ci appartiene e di ciò che come Chiesa, sua sposa possediamo.Noi viviamo invece spesso(oserei dire troppo spesso!) come se questa realtà non esistesse, come se lo sposo non fosse veramente con noi. Egli ce lo ha promesso e ne facciamo esperienza, che sarà con noi sempre fino alla fine del tempo. Eppure viviamo, pensiamo ed agiamo come se fossimo tutti e tutte vedove, tristi, ripiegati sulla nostra piccola vita borghese piena di affanni inutili senza quel respiro di vita nuova e missionaria che in Lui ci viene donata.
    Quello di Matteo è prima di tutto un richiamo ad essere creature nuove, come già lo siamo con il Battesimo. Egli usa il simbolo del vino (che tra l’altro sarà il sangue di salvezza): ci invita ad essere nella nostra vita e per gli altri, vino nuovo, gustoso, fragrante, segno di comunione e di speranza per chi ci incontra.Ciò comporta una continua nostra rinascita, una autentica vita nello Spirito; noi invece tendiamo a evitare questo “faticoso” rinnovamento e ci ostiniamo a voler mantenere la nostra mentalità, vecchia e, soprattutto, non convertita applicando sempre come optional, come toppa ciò che da Cristo ci viene annunciato. Vogliamo sempre far coesistere l’abito vecchio delle nostre idee e dei nostri giudizi con l’abito nuovo del Vangelo; vogliamo mettere nelle nostre vecchie esistenze il vino nuovo e così non riusciamo a conservare veramente nulla . Siamo insomma fortemente richiamati ad una continua, seria e costante conversione per fare delle nostre vite quell’otre che può finalmente contenere il pensiero rivoluzionario e redentore di Gesù.
    Iris

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