Dedicazione del Duomo di milano

allegoria chiesa.JPGFino ad oggi abbiamo costruito dei modelli di Chiesa troppo centrati attorno al sacerdote, che non solo era il punto di riferimento dei Sacramenti – come è ovvio ed inevitabile -, ma diventava l’organizzatore, l’iniziatore e il coordinatore di ogni attività. Di fatto non faceva tutto lui, aveva – ed ha anche oggi – tante persone intorno. Ma la mentalità era: essere i “collaboratori del parroco”. Forse, la nuova mentalità che ci viene chiesto di sviluppare, è quella che ci viene indicata nella seconda lettura. Tutti dovremmo capire che siamo “collaboratori di Dio”, quando ci mettiamo a disposizione di una comunità cristiana.

Sembra facile, eppure questa mentalità non c’è. Prevale la logica per cui io mi metto a disposizione e collaboro con quella persona – parroco, viceparroco o altro responsabile. Mentre raramente ci si sente “collaboratori di Dio”, cioè si sente di essere partecipi della costruzione della Chiesa, di essere responsabili – insieme al sacerdote e in modo diverso – della edificazione della comunità. Se dovesse entrare questa logica, questo modo di pensare, noi faremmo un enorme passo avanti. Ci accorgeremmo che infinite possibilità si aprono, perché la comunità sarebbe finalmente data alla comunità. Rimane chiaro che la comunità è una parte della Chiesa e quindi è costituita anche gerarchicamente. Non è certo chiesto a chi ha una famiglia di sostituirsi al prete, perché il prete non c’è più. Sarebbe semplicemente assurdo: il sacerdote ha un ruolo unico e insostituibile. E senza il sacerdote non c’è la Chiesa. Però non c’è Chiesa anche se non ci sono i fedeli laici che sentono di essere Chiesa, di essere comunità cristiana.

 

Noi dobbiamo costruire secondo un criterio nuovo. E cambiare mentalità, sotto questo aspetto, è veramente complicato. A partire da noi – sacerdoti e religiosi – che chiamiamo tanto i fedeli a  mettersi in gioco, ma spesso finiamo per bloccare chi dimostra uno spirito di iniziativa che va appena oltre gli schemi, a cui anche noi, ovviamente, abbiamo fatto l’abitudine. Dal punto di vista teorico è facile capire; è più difficile nella pratica rimettere in gioco tanti aspetti concreti.

E’ vero, peraltro, che molti fedeli laici hanno totalmente abdicato all’edificazione della comunità cristiana. Quanti di voi si sentono costruttori della Chiesa? Che accadrebbe, se adesso dovessimo fare sinceramente un esame di coscienza  e chiederci: io sono uno che sta veramente costruendo la Chiesa, per lo meno nei suoi aspetti pratici? La Chiesa, per fortuna, è una realtà che viene da Dio e questo è il nostro fondamento, che nessuno può toglierci. Ma, nei suoi aspetti concreti, nel suo essere costruita nelle relazioni, in ciò che fonda i rapporti tra le persone: stiamo costruendo, edificando la Chiesa? C’è questa mentalità in noi?

 

Se vuoi leggere tutta l’omelia da cui è tratto il brano clicca qui: Domenica_della_Dedicazione.doc

 

Immagine: Miniatura su pergamena con allegoria della Chiesa, prima metà del XIII secolo, Museo diocesano, Salerno.

Dedicazione del Duomo di milanoultima modifica: 2009-10-21T17:15:57+02:00da fragiampaolo
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